PER VITO FRAZZI - UN RICORDO
di Mario Fabbri


Credo che chiunque di noi rivada col pensiero agli anni di studio coi propri maestri, riesca a comprendere soltanto a distanza di tempo quali insegnamenti abbiano più profondamente inciso nella nostra formazione artistico-professionale, e, per converso, quali "cose" abbiano finito per passare, magari senza accorgercene, con una vigoria sottile e inavvertibile, dal maestro all'allievo. Una volta concluso, dopo sette operosi anni, il contatto di studio con Vito Frazzi, ho continuato a dire a me stesso e agli altri che l'insegnamento più grande ricevuto dal Maestro sarebbe sempre stato da individuarsi nel lungo e completissimo excursus sull'Armonia, animato da quell'originale "taglio" (o "sistema", secondo il termine più ricorrente nella disciplina) e da quegli imprevedibili accostamenti di passato e di presente (conditi tanto spesso da impennate bizzose e sferzate polemiche, anch'esse tipiche della personalità frazziana), che ogni ex-discepolo del Maestro, ne sono certo, sa rievocare subito nella sua mente. L'Armonia, dunque; più ancora delle pur stupende e personali rivelazioni sul Contrappunto e la Fuga, e più ancora del dischiudersi magico dell'orchestrazione (con lezioni molto stimolanti, anche se forse un po' più sofferte). Erano gli anni in cui Frazzi attendeva alla sistemazione definitiva, dopo un lungo e fin doloroso travaglio, della partitura del bel Don Chisciotte. Rimasi con Lui fino al 1958: Vito Frazzi andava in pensione coi suoi settant'anni, io iniziavo a concorrere per l'insegnamento di storia della musica... Il lavoro di musicologo e di didatta mi ha portato non so quante volte a rivolgere un pensiero riconoscente al Maestro, soprattutto quando - in fase frequente di lettura e analisi - si trattava di entrare senza equivoci nel vasto settore del "linguaggio" armonico della composizione. Finché un giorno, da allora saranno trascorsi almeno quindici anni, leggendo una pagina polifonica seicentesca, mi accorsi che, d'istinto, "accompagnavo" la lettura al pianoforte di quel brano con una sorta di belato di assai dubbia gradevolezza auditiva: "Bello!". Mi accorsi insomma che, spinto da un'emozione sincera, mi stavo comportando esattamente come avevo sentito fare tante e tante volte da Vito Frazzi: "Bello!", dove la "e" si prolungava di molto in quella voce semirauca, quasi ridicola, tendente al registro acuto, lamentoso. Feci allora la riflessione: forse il Maestro mi aveva dato, con la forza sottile di un plagio, ancor prima dell'Armonia e di tutto il resto, il dono di saper scorgere la validità di una composizione e di saper esternare in qualche modo l'intima spinta emotiva già in corso di semplice lettura. I miei allievi, sentendomi, sorridono alla mie spalle; come io sorridevo nell'ascoltare Vito Frazzi belare in quel modo: ma, intanto, tutta la mia persona era scossa da irrefrenabili moti di commozione...

M. Fabbri - Per Vito Frazzi - Un ricordo
(da: "Concerto Omaggio a Vito Frazzi"
Comune di Scandicci, 14 ottobre 1979)